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12 Nov
12Nov

La scelta del regime fiscale rappresenta uno dei passaggi più delicati nella vita di un’impresa o di un libero professionista. Determina non solo quanto si paga di tasse, ma anche il livello di obblighi contabili, di contributi previdenziali e di accesso a determinate agevolazioni fiscali.Molti imprenditori iniziano la propria attività con il regime forfettario, attratti dalla sua semplicità e dalla tassazione agevolata. Tuttavia, con il passare del tempo, l’attività cresce, cambiano i margini, si assumono collaboratori, si acquistano beni strumentali, e il regime iniziale può non essere più conveniente o sostenibile.Ma quando è davvero il momento di cambiare regime fiscale? E in base a quali criteri deve essere presa questa decisione? In questo articolo analizziamo in modo approfondito:

  • i principali regimi fiscali in vigore in Italia;
  • i segnali economici e gestionali che indicano la necessità di un cambio;
  • i criteri oggettivi e strategici per scegliere la soluzione migliore;
  • e infine i vantaggi e svantaggi pratici di ciascuna opzione.

I principali regimi fiscali in Italia

In Italia, le attività economiche possono operare sotto diversi regimi fiscali, ciascuno con proprie regole in termini di tassazione, IVA e obblighi contabili.

Regime forfettario

È il regime agevolato riservato a persone fisiche (ditte individuali o professionisti) con ricavi annui non superiori a 85.000 euro.

Prevede:

  • imposta sostitutiva del 15% (o 5% per i primi cinque anni);
  • esonero da IVA, ritenute d’acconto e studi di settore;
  • contabilità semplificata.

Il reddito imponibile si calcola applicando un coefficiente di redditività (dal 40% all’86%) ai ricavi, senza possibilità di dedurre costi reali.È ideale per chi ha pochi costi e margini elevati, ma può diventare penalizzante per chi ha spese consistenti o vuole crescere.

Regime semplificato

Si applica a imprese individuali e società di persone con ricavi fino a 500.000 euro (servizi) o 700.000 euro (beni).

Prevede:

  • tassazione IRPEF progressiva sui redditi effettivi;
  • IVA obbligatoria su acquisti e vendite;
  • deduzione dei costi effettivamente sostenuti.

È adatto a chi ha costi significativi e vuole beneficiare della deduzione e detrazione delle spese.

Regime ordinario

È obbligatorio per imprese più strutturate o società di capitali (es. SRL).

Prevede:

  • contabilità completa;
  • liquidazioni IVA mensili o trimestrali;
  • tassazione ordinaria IRPEF o IRES.

Offre maggiore trasparenza e flessibilità fiscale, ma comporta oneri contabili più elevati.

Perché e quando valutare il cambio di regime fiscale

Cambiare regime fiscale non è solo una questione di soglie numeriche, ma anche di strategia aziendale e sostenibilità fiscale.

Vediamo i principali segnali che suggeriscono di rivalutare la propria posizione.

Superamento dei limiti di ricavi

Il primo segnale oggettivo è il superamento dei limiti di fatturato previsti dal regime forfettario (85.000 euro).

In tal caso, il passaggio al regime semplificato è obbligatorio dall’anno successivo, con l’applicazione dell’IVA e della contabilità ordinaria.Tuttavia, è consigliabile anticipare la decisione quando si prevede una crescita stabile, per evitare bruschi salti di tassazione o gestione.

Incremento dei costi e degli investimenti

Il regime forfettario non consente la deduzione dei costi reali: tutto viene calcolato in modo forfettario.

Quando l’attività richiede spese rilevanti (es. marketing, personale, attrezzature, affitti), può diventare più conveniente passare a un regime che permetta la deduzione effettiva dei costi.

Esempio pratico:

Un professionista con 70.000 € di ricavi e 30.000 € di costi reali nel regime forfettario paga l’imposta sul 78% dei ricavi, cioè su 54.600 €, anche se il suo margine netto è inferiore.
Nel regime ordinario, invece, pagherebbe le imposte su 40.000 €, con un risparmio fiscale significativo.

Necessità di assumere personale o collaboratori

Il forfettario limita le deduzioni per compensi e stipendi. Se l’attività richiede di ampliare l’organico, aprire un ufficio o affidarsi a collaboratori esterni, la struttura dei costi cambia radicalmente.

In questi casi, il regime semplificato o ordinario diventa più sostenibile e vantaggioso.

Apertura a nuovi mercati o clienti aziendali

Le imprese che intendono lavorare con clienti esteri o società spesso preferiscono operare con un regime IVA ordinario.

Infatti, molti committenti preferiscono avere fatture con IVA e ritenute regolari, che nel regime forfettario non vengono applicate.Inoltre, per attività che intendono partecipare a gare o bandi pubblici, il regime ordinario offre maggiore credibilità e tracciabilità.

Aumento della marginalità e pianificazione fiscale

Quando i ricavi crescono e i margini diventano significativi, la tassazione sostitutiva del 15% può risultare meno efficiente rispetto alla pianificazione fiscale ordinaria.

Con il regime ordinario, è possibile:

  • usufruire di deduzioni e detrazioni IRPEF;
  • compensare eventuali perdite pregresse;
  • dedurre ammortamenti, contributi, interessi passivi, TFR


 Criteri oggettivi per valutare la convenienza

3.1 Analisi comparativa del carico fiscale

Il primo passo consiste nel confrontare, con l’aiuto di un consulente, quanto si pagherebbe di imposte nei diversi regimi, a parità di ricavi e costi.

ParametroRegime ForfettarioRegime Ordinario
Ricavi80.000 €80.000 €
Costi deducibiliNon ammessi30.000 €
Reddito imponibile62.400 € (78%)50.000 €
Imposte9.360 € (15%)Circa 10.500 € IRPEF progressiva
IVANon applicataDetraibile sugli acquisti
Deduzioni personaliNon previsteAmmesse
ContributiGestione separata / INPSGestione ordinaria / INPS

In molti casi, il risparmio reale non dipende solo dall’aliquota, ma anche dal meccanismo di calcolo del reddito.

Analisi del punto di pareggio

Un altro criterio è il punto di pareggio fiscale: il livello di costi oltre il quale il regime forfettario smette di essere conveniente.

Generalmente, se i costi effettivi superano il 30-35% dei ricavi, conviene valutare il passaggio a un regime ordinario.

Valutazione della struttura dell’attività

  • Se si gestisce un’attività snella, senza dipendenti e con bassi costi fissi, il forfettario rimane la scelta ideale.
  • Se si gestisce un’attività organizzata, con investimenti, collaboratori o spese importanti, il regime semplificato o ordinario è più coerente con la struttura aziendale.

Valutazione del profilo previdenziale

Nel regime forfettario i contributi INPS si calcolano sul reddito forfettario, mentre nel regime ordinario si calcolano sul reddito effettivo.

Per chi ha redditi bassi, il forfettario può comportare contributi più elevati di quelli dovuti effettivamente.Un’analisi previdenziale accurata consente di evitare squilibri tra imposte e contributi.

Aspetti pratici del cambio di regime

Tempistiche

Il cambio di regime può avvenire:

  • automaticamente, se si superano i limiti di legge;
  • per opzione volontaria, comunicandolo all’Agenzia delle Entrate entro i termini stabiliti (di norma all’inizio dell’anno solare).

Il passaggio va pianificato in anticipo, preferibilmente entro il mese di dicembre, per organizzare in tempo la contabilità e la liquidità necessaria.

Implicazioni operative

Il cambio di regime comporta:

  • nuove regole di fatturazione (IVA);
  • obbligo di registri contabili e liquidazioni periodiche;
  • differente gestione dei contributi previdenziali;
  • possibile variazione degli acconti d’imposta.

È importante aggiornare anche i software gestionali e di fatturazione elettronica, per adeguarli al nuovo regime.

Quando NON conviene cambiare regime

Fatturato stabile sotto la soglia

Se i ricavi restano stabilmente sotto gli 85.000 €, e i costi sono contenuti, il forfettario rimane conveniente grazie alla semplicità e al carico fiscale ridotto.

Attività con bassa incidenza di costi

Professionisti che lavorano da remoto, senza personale e con pochi investimenti, traggono vantaggio dalla riduzione degli adempimenti e dall’imposta sostitutiva.

Periodi di incertezza economica

Durante fasi di instabilità (es. calo del mercato, cambio modello di business), è prudente non aumentare la complessità amministrativa finché la crescita non è consolidata.

Errori comuni nel cambio di regime

  1. Basarsi solo sull’aliquota nominale senza considerare deduzioni e costi.
  2. Non pianificare il cambio e ritrovarsi con adempimenti imprevisti.
  3. Trascurare l’IVA: l’ingresso nel regime ordinario comporta l’applicazione e versamento dell’imposta.
  4. Ignorare la gestione contributiva INPS.
  5. Non adeguare i prezzi di vendita al nuovo carico fiscale.

Come pianificare il passaggio di regime

Analisi con un consulente fiscale

Un professionista esperto può simulare diversi scenari:

  • carico fiscale in forfettario vs ordinario;
  • incidenza dei costi deducibili;
  • impatto dei contributi previdenziali;
  • margine netto dopo imposte.

Pianificazione economico-finanziaria

Il cambio di regime incide sulla liquidità, per via dell’IVA da versare e degli acconti più elevati.

Occorre quindi predisporre:

  • un budget di cassa;
  • una stima degli acconti;
  • una gestione prudente dei flussi di pagamento.

Revisione della strategia di prezzo

Con l’introduzione dell’IVA, i prezzi devono essere rivalutati per mantenere margini sostenibili senza penalizzare la competitività.

 Vantaggi strategici del regime ordinario

Passare a un regime più strutturato offre anche opportunità strategiche:

  • Maggiore credibilità verso banche e investitori;
  • Accesso a bandi e finanziamenti pubblici;
  • Possibilità di dedurre investimenti e ammortamenti;
  • Pianificazione fiscale più flessibile;
  • Maggiore trasparenza contabile.

Molte imprese digitali e start-up, dopo i primi anni in forfettario, scelgono di evolvere verso un modello societario (SRL) per migliorare la gestione e la protezione patrimoniale.

Caso pratico: da forfettario a ordinario

Un consulente informatico con 75.000 € di ricavi e 30.000 € di costi effettivi paga nel forfettario circa 9.000 € di imposta sostitutiva.

Nel regime ordinario, al netto dei costi, pagherebbe circa 10.000 € di IRPEF, ma recupererebbe oltre 6.000 € di IVA sugli acquisti e potrebbe dedurre i contributi previdenziali.

Il risultato complessivo: tassazione effettiva più bassa e maggiore liquidità fiscale.

Conclusioni

Cambiare regime fiscale è una scelta strategica, non solo fiscale.

Non va basata su percezioni o sull’aliquota apparente, ma su una valutazione complessiva di redditi, costi, contributi, prospettive di crescita e struttura aziendale.In sintesi:

  • Il forfettario è perfetto per iniziare e per attività a bassa complessità.
  • Il semplificato è ideale per piccole imprese con spese significative.
  • L’ordinario è la scelta migliore per attività strutturate, con collaboratori e piani di espansione.

Il passaggio da un regime all’altro dovrebbe essere pianificato insieme al proprio consulente, in un’ottica di crescita e sostenibilità.

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