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19 Nov
19Nov

Nell’attuale contesto economico, caratterizzato da una crescente competizione e da una forte valorizzazione degli asset immateriali, la gestione dei marchi e degli altri segni distintivi assume un ruolo centrale nelle strategie aziendali e professionali. In particolare, la percezione del marchio come vero e proprio bene economico ne ha accentuato l’importanza anche dal punto di vista fiscale.Le royalties, cioè i compensi corrisposti per l’utilizzo di un marchio o di un bene immateriale, rientrano a pieno titolo fra i redditi imponibili disciplinati dall’ordinamento tributario italiano. Tuttavia, la loro corretta gestione richiede una profonda conoscenza delle diverse categorie reddituali, delle norme civilistiche e dei meccanismi fiscali che regolano la concessione in uso dei marchi.

Questo articolo offre una panoramica completa sul rapporto tra marchi e fisco, con l’obiettivo di chiarire quando e come le royalties diventano reddito, quali sono le regole da applicare e quali opportunità e criticità possono emergere per imprese, professionisti e titolari di diritti di proprietà industriale.

Cos’è un marchio e perché è considerato un bene immateriale

Il marchio è qualunque segno idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli dei concorrenti. Può essere costituito da parole, nomi, simboli, forme, colori, suoni o combinazioni di tali elementi.Secondo il Codice della Proprietà Industriale (D.Lgs. n. 30/2005), il marchio registrato gode di tutela esclusiva, conferendo al titolare la facoltà di:

  • concederne l’uso a terzi dietro pagamento di un corrispettivo (royalties);
  • vietarne l’utilizzo non autorizzato;
  • sfruttarlo direttamente all’interno dell’attività economica.

Dal punto di vista contabile e fiscale, il marchio è classificato fra le immobilizzazioni immateriali e rappresenta un asset intangibile in grado di generare valore economico. La sua cessione o concessione può quindi produrre:

  • plusvalenze;
  • canoni periodici;
  • redditi di natura finanziaria o d’impresa.

Cosa sono le royalties: definizione e funzionamento

Le royalties sono i compensi dovuti da un soggetto (licenziatario) al titolare del marchio (licenziante) per poter utilizzare il bene immateriale all’interno della propria attività economica. Sono previste generalmente all’interno di un contratto di licenza di marchio o di un contratto di franchising.Le royalties possono essere calcolate in diverse modalità:

  • Percentuale sul fatturato o su specifiche linee di prodotto;
  • Importo fisso periodico;
  • Corrispettivi misti (quota fissa + variabile);
  • Pagamenti una tantum (lump sum).

Qualunque sia la metodologia di calcolo, ai fini fiscali le royalties costituiscono reddito imponibile sia per chi le percepisce sia per chi le corrisponde (con deducibilità secondo specifici limiti e criteri).

Marchi e fisco: quando le royalties diventano reddito

La classificazione reddituale ai fini IRPEF e IRES

Il trattamento fiscale delle royalties dipende dalla natura del soggetto che percepisce il compenso e dal tipo di attività svolta.

a) Imprese e società

Per le imprese (ditte individuali, società di persone o di capitali), le royalties rientrano sempre fra i:

redditi d’impresa

e concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile ai fini IRES/IRPEF e IRAP.

b) Professionisti

Se lo sfruttamento del marchio è connesso all’attività professionale, i compensi sono tassati come:

reddito di lavoro autonomo.

c) Privati non titolari di partita IVA

Nel caso in cui il marchio sia detenuto da una persona fisica al di fuori di un’attività professionale o imprenditoriale, le royalties costituiscono:

redditi diversi, assimilati ai redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno o brevetti.

In questi casi, la normativa prevede una parziale deduzione forfettaria dei costi, che riduce la base imponibile.

Il regime fiscale delle royalties per soggetti titolari e non titolari del marchio

Titolari originari del marchio

Per i creatori o registranti originari del marchio, la legge riconosce una deduzione forfettaria dei costi:

  • 40% per i contribuenti con più di 35 anni;
  • 60% per i contribuenti under 35.

Pertanto, solo il 60% o il 40% della royalty percepita concorre a formare reddito imponibile.Questo regime agevolato è pensato per favorire la creatività e lo sviluppo della proprietà intellettuale.

Titolari "derivati" del marchio (acquirenti o licenziatari successivi)

Chi acquisisce un marchio tramite acquisto, donazione o successione non può beneficiare della deduzione forfettaria riservata ai titolari originari.In questo caso, le royalties costituiscono reddito ordinario, integralmente imponibile in base alla categoria reddituale di riferimento (impresa, lavoro autonomo, redditi diversi).

Deducibilità delle royalties per chi le paga

Per il soggetto che corrisponde le royalties, la deducibilità varia in funzione della natura del soggetto:

  • Imprese: deducibilità integrale come costo d’esercizio, se inerente e documentato.
  • Professionisti: deduzione come spesa professionale.
  • Privati: nessuna deducibilità (salvo casi di reddito diverso correlato).

Attenzione: l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli sull'inerenza e sulla congruità dei canoni, soprattutto in caso di rapporti infragruppo o operazioni con soggetti esteri.

Licenza di marchio e fiscalità internazionale delle royalties

Quando il titolare del marchio è un soggetto estero, occorre verificare:

  • norme sulla ritenuta alla fonte;
  • eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni;
  • criteri di transfer pricing, nel caso di gruppi multinazionali.

In assenza di convenzioni, si applica generalmente una ritenuta del 30% sui compensi corrisposti all’estero.Quando esiste una convenzione, l’imposta è ridotta o ripartita secondo le regole OCSE.

Marchi, royalties e gestione patrimoniale: opportunità e criticità

Opportunità fiscali

  • Ottimizzazione della struttura aziendale tramite la creazione di una holding di marchi.
  • Possibilità di generare reddito da asset immateriali senza sostenere costi produttivi.
  • Deduzione forfettaria per i titolari originari.
  • Pianificazione fiscale attraverso modelli di concessione in uso.

Rischi e attenzioni

  • Accertamenti sull’abuso del diritto in caso di trasferimento artificioso del marchio.
  • Contestazioni sul valore del marchio ai fini di plusvalenze o ammortamenti.
  • Criticità nei rapporti infragruppo (transfer pricing).
  • Necessità di formalizzare contratti di licenza chiari e coerenti.

Come redigere un contratto di concessione di marchio fiscalmente corretto

Un contratto di licenza di marchio, per essere valido ed efficace anche ai fini fiscali, deve contenere:

  • descrizione dettagliata del marchio;
  • ambito territoriale della licenza;
  • durata del contratto;
  • modalità di calcolo delle royalties;
  • obblighi di tutela e qualità del licenziatario;
  • clausole su revoca, rinnovo e recesso;
  • modalità di fatturazione e gestione dei corrispettivi.

La corretta contrattualizzazione permette di evitare contestazioni e rappresenta un elemento fondamentale nelle verifiche fiscali.

Ammortamento del marchio e impatto fiscale

Le imprese che acquistano un marchio possono ammortizzarlo fiscalmente.

Secondo l’art. 103 del TUIR:

  • il marchio è ammortizzabile con aliquota massima del 33% annuo, se ha vita utile definita;
  • se la vita utile non è stimabile, si applica il criterio del limite fiscale previsto.

L’ammortamento riduce il reddito imponibile e rappresenta uno strumento importante di pianificazione fiscale.

Le royalties come strumento di pianificazione fiscale aziendale

Le imprese possono sfruttare i marchi per:

  • creare un brand di gruppo;
  • trasferire asset all’interno della struttura societaria;
  • generare flussi economici controllati tramite contratti infragruppo;
  • ottimizzare la fiscalità complessiva.

Tuttavia, ogni operazione deve rispettare i principi di:

  • inerenza;
  • congruità;
  • valorizzazione reale del marchio.

La mancanza di tali requisiti può portare a contestazioni per abuso del diritto o elusione.

Esempi pratici: quando le royalties diventano reddito

Caso 1: imprenditore individuale titolare originario del marchio

Percepisce royalties di 40.000 €.

Ha meno di 35 anni.

La base imponibile è:

40% → imponibile: 16.000 €

Caso 2: società che concede l’uso del proprio marchio

Percepisce royalties di 200.000 € annui.

Tassazione integrale come reddito d’impresa (IRES + IRAP).

Caso 3: privato che concede un marchio ricevuto in eredità

Percepisce 10.000 € di royalties.

Non essendo titolare originario:

→ tassazione integrale come reddito diverso.


Conclusioni

Il rapporto tra marchi e fisco rappresenta un ambito cruciale nella gestione moderna delle attività economiche. Le royalties costituiscono uno strumento potente di valorizzazione dei beni immateriali, ma al tempo stesso sono soggette a una disciplina fiscale articolata, che richiede competenze tecniche per evitare errori e cogliere le opportunità disponibili.Comprendere quando le royalties diventano reddito, come vengono tassate e quali strategie adottare nella gestione dei marchi significa tutelare il valore del proprio brand e ottimizzare la posizione fiscale dell’impresa o del professionista.In un contesto in cui gli asset immateriali assumono un peso sempre maggiore, affidarsi a un commercialista specializzato nella fiscalità dei marchi e della proprietà intellettuale è la scelta migliore per operare in sicurezza e con visione strategica.

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