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11 Dec
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Il regime forfettario, introdotto con l’obiettivo di semplificare la fiscalità dei piccoli contribuenti, rappresenta oggi una delle agevolazioni più utilizzate da professionisti e microimprese. La sua attrattività deriva dalla combinazione di un’imposta sostitutiva contenuta, un sistema semplificato di determinazione del reddito e minori adempimenti formali. Tuttavia, proprio il successo del regime e la sua crescente diffusione hanno posto il legislatore e gli operatori del settore di fronte a nuove criticità, che richiedono una riflessione approfondita e un intervento di revisione strutturale.

Negli ultimi anni, infatti, il regime forfettario è diventato terreno fertile per situazioni borderline, fenomeni di “artificiosa frammentazione” delle attività e disparità di trattamento rispetto ai contribuenti soggetti al regime ordinario. A ciò si aggiunge un impianto di controlli percepito come non sempre adeguato, in un contesto economico in cui le esigenze di equità fiscale, trasparenza e corretta concorrenza stanno assumendo un peso crescente.

L’analisi che segue si propone di esaminare le principali aree critiche del regime forfettario, evidenziando le ragioni per cui una revisione appare oggi non solo opportuna, ma urgente. L’obiettivo è offrire una prospettiva professionale e utile per imprese, professionisti e operatori del settore, con uno sguardo rivolto alle possibili evoluzioni normative e ai percorsi di adeguamento che gli studi commerciali dovranno presidiare nei prossimi anni.

Il regime forfettario: un successo costruito sulla semplicità

La crescita degli aderenti al regime forfettario non sorprende: aliquota agevolata, determinazione forfettaria del reddito tramite coefficienti di redditività e adempimenti ridotti hanno reso questa opzione estremamente appetibile. Il legislatore, nelle sue intenzioni originarie, ha voluto sostenere l’avvio di nuove attività e alleggerire il carico amministrativo sulle realtà di piccole dimensioni.Il forfettario rispondeva – e in parte risponde tuttora – a una logica precisa: favorire l’emersione, ridurre la complessità burocratica e incentivare lo sviluppo di piccole iniziative autonome.Tuttavia, la semplificazione fiscale, se non accompagnata da strumenti di controllo adeguati e da un impianto di limiti calibrati sulla reale dimensione economica dei contribuenti, può generare gravi distorsioni. È quanto sta accadendo progressivamente nel mercato del lavoro autonomo e dei servizi, dove la disparità di tassazione tra regime forfettario e regime ordinario si traduce talvolta in alterazioni della concorrenza e dinamiche retributive non sempre trasparenti.

Limiti economici e nuovi scenari: una soglia che non basta più

Uno dei punti centrali del dibattito riguarda la soglia di ricavi/compensi prevista per rientrare nel regime agevolato. La soglia attualmente fissata (ad esempio, 65.000 o 85.000 euro nei vari periodi normativi) è stata più volte oggetto di modifiche, ma continua a rappresentare un fattore critico.

Una soglia unica per attività molto diverse

Il principale problema risiede nell’uniformità della soglia, applicata indistintamente a:

  • liberi professionisti ad alta marginalità,
  • attività commerciali a basso valore aggiunto,
  • artigiani con costi operativi rilevanti,
  • start-up professionali che crescono rapidamente,
  • microimprese che operano con struttura familiare.

La soglia, anziché rappresentare un limite proporzionale alla natura e alla redditività dell’attività, si configura come una linea rigida che non tiene conto delle diverse peculiarità economiche dei settori.

Effetto “soffitto” sulla crescita

Numerosi operatori riportano effetti distorsivi sulla gestione del volume d’affari:

  • chi si avvicina alla soglia tende a rinviare fatture,
  • alcuni limitano consapevolmente l’attività pur di mantenere l’aliquota agevolata,
  • imprese e professionisti rinunciano a collaborazioni aggiuntive per non transitare nel regime ordinario, che comporta un aumento sensibile del carico tributario e contributivo.

Questo comportamento non solo frena la crescita economica, ma distorce il funzionamento naturale del mercato.

Le differenze di impatto nei vari settori

Le differenze tra coefficienti di redditività fanno sì che due contribuenti con gli stessi ricavi possano avere un carico fiscale molto diverso. Ma la soglia unica accentua una disparità già esistente: chi opera in settori ad alta marginalità beneficia in misura maggiore della tassazione forfettaria, generando trattamenti fiscali asimmetrici difficili da giustificare.

I controlli: tra semplificazione e vulnerabilità del sistema

Il regime forfettario è nato con una logica di fiducia e semplificazione. Tuttavia, proprio questa impostazione ha creato nel tempo margini di vulnerabilità che l’Amministrazione finanziaria sta cercando di colmare, anche attraverso incroci di dati e controlli mirati.

Autodichiarazione e verifiche ex post

L’ingresso e la permanenza nel regime sono fondati su una serie di verifiche che, nella maggior parte dei casi, avvengono a posteriori. Questo approccio si presta a comportamenti opportunistici, quali:

  • omissione di redditi per restare sotto soglia,
  • utilizzo di partite IVA “di comodo”,
  • frazionamento artificioso di attività,
  • rapporti di lavoro che si configurano come subordinati mascherati da forfettari.

La frequenza di tali fenomeni, sebbene non generalizzata, è sufficiente per rappresentare un rischio sistemico.

Rapporti quasi subordinati e dipendenza economica

Uno degli aspetti più problematici riguarda i cosiddetti “falsi autonomi”, professionisti che – pur in possesso di partita IVA – operano con un unico committente, spesso con modalità analoghe a un rapporto di lavoro dipendente.Il regime forfettario, con la sua tassazione particolarmente agevolata, può incentivare comportamenti poco trasparenti:

  • imprese che preferiscono collaboratori forfettari per ridurre il costo del lavoro,
  • professionisti che accettano compensi più bassi pur di mantenere il vantaggio fiscale,
  • situazioni in cui l’autonomia professionale è di fatto inesistente.

Questa dinamica genera distorsioni concorrenziali e rischi sanzionatori sia per il committente sia per il professionista.

Fatturazione elettronica e controlli reali

L’estensione della fatturazione elettronica ai forfettari ha rappresentato un passo avanti nell’intercettare anomalie e operazioni incoerenti. Tuttavia, il sistema dei controlli necessita ancora di:

  • algoritmi più precisi per l’individuazione di cluster di rischio,
  • rafforzamento della cooperazione tra Agenzia delle Entrate e INPS,
  • maggiore attenzione alle prestazioni professionali “monocommittente”,
  • monitoraggio delle nuove forme di lavoro digitale e delle attività online.

Le distorsioni della concorrenza: quando il vantaggio fiscale spinge i prezzi al ribasso

Uno dei temi più sentiti da imprese e professionisti riguarda la concorrenza tra operatori forfettari e operatori in regime ordinario. La differenza di tassazione è talvolta così significativa da incidere direttamente sulle dinamiche tariffarie del mercato.Professionisti in regime ordinario si trovano spesso a competere con forfettari che, grazie al carico fiscale ridotto, possono offrire servizi a tariffe più basse. Questo fenomeno è particolarmente evidente nei settori:

  • consulenza aziendale,
  • servizi digitali e IT,
  • grafica e comunicazione,
  • assistenza amministrativa e contabile,
  • attività di formazione e coaching.

Pur non essendo scorretto in sé, questo squilibrio genera un vantaggio competitivo fiscale, non economico o professionale. Nel medio periodo, ciò può portare a una svalutazione dei servizi e a dinamiche concorrenziali non sostenibili.

Necessità di revisione: quali interventi sono oggi più urgenti

Di fronte a tali criticità, appare sempre più evidente la necessità di rivedere il regime forfettario, mantenendo la filosofia originaria della semplificazione, ma introducendo criteri più moderni e strumenti di controllo più efficaci.

Rimodulazione della soglia di ricavi

Una possibile evoluzione potrebbe prevedere:

  • soglie differenziate in base ai settori economici,
  • meccanismi di ingresso graduale nel regime ordinario,
  • adeguamento automatico delle soglie all’inflazione,
  • valutazione di indicatori di costo per settore.

Una soglia unica e rigida non riflette più la realtà economica contemporanea.

Introduzione di un regime “transitorio”

Il passaggio brusco dal 15% al regime ordinario scoraggia la crescita. Una soluzione potrebbe essere un regime di transizione, con tassazione intermedia per i primi anni successivi al superamento della soglia.

Controlli su dipendenza economica e monocommittenza

Occorre introdurre:

  • indicatori chiari per individuare situazioni di parasubordinazione,
  • incentivi per la diversificazione dei clienti,
  • controlli preventivi su attività ad alto rischio di abuso,
  • verifiche più approfondite nei casi di monocommittenza strutturale.

Revisione dei coefficienti di redditività

Gli attuali coefficienti, nonostante gli aggiornamenti nel tempo, non sempre riflettono la redditività reale dei settori. Una revisione basata su indicatori statistici aggiornati e su analisi settoriali consentirebbe una determinazione del reddito più equa.

Maggiore integrazione dei dati digitali

L’incrocio tra dati fiscali, contributivi e bancari può migliorare la capacità di individuare:

  • fatturazioni anomale,
  • attività non coerenti,
  • ricavi dichiarati non compatibili con i dati economici disponibili.

Conclusioni: verso un regime più equo, moderno e sostenibile

Il regime forfettario rappresenta una risorsa fondamentale per i piccoli contribuenti e un elemento di semplificazione del sistema fiscale italiano. Tuttavia, il suo assetto attuale mostra limiti che incidono sull’equità, sulla concorrenza e sulla corretta applicazione delle regole.Rivedere limiti e controlli non significa abbandonare la filosofia del regime, ma rafforzarla, rendendola più coerente, più equilibrata e più capace di rispondere alle esigenze dell’economia moderna.Gli operatori e gli studi commerciali devono quindi prepararsi a un futuro in cui:

  • la soglia di accesso sarà probabilmente più articolata,
  • i controlli saranno più stringenti e basati sui dati,
  • la gestione fiscale richiederà maggiore consapevolezza,
  • il confine tra autonomia e parasubordinazione sarà più attentamente monitorato.

In questo scenario, il ruolo del consulente diventa ancora più centrale: interpretare la normativa, guidare il cliente e garantire una corretta pianificazione diventerà un elemento strategico per affrontare le novità che il legislatore non potrà rimandare ancora a lungo.

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