Aprire una nuova attività, che si tratti di una ditta individuale, di una startup o di una professione autonoma, richiede una serie di passaggi burocratici fondamentali.
Tra questi, la scelta del codice ATECO è uno dei più importanti e, allo stesso tempo, uno dei più sottovalutati.Il codice ATECO, infatti, non è solo una formalità amministrativa: determina regime fiscale, contributivo, obblighi previdenziali e accesso ad agevolazioni o bandi. Sceglierlo correttamente può farti risparmiare tempo, denaro e potenziali problemi con l’Agenzia delle Entrate.In questo articolo analizzeremo in modo chiaro ma approfondito cos’è il codice ATECO, come si struttura, perché è così importante e soprattutto come scegliere quello giusto per la tua attività, con esempi pratici e consigli da studio professionale.
Il codice ATECO è una sequenza alfanumerica utilizzata per classificare le attività economiche ai fini statistici, fiscali e contributivi.
Il termine deriva da Attività Economiche, e la classificazione è redatta dall’ISTAT in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate. Ogni attività svolta in Italia – dall’artigiano al consulente, dall’e-commerce alla società di servizi – è identificata da uno o più codici ATECO.
Questi codici vengono utilizzati da diversi enti per finalità diverse:
Un codice ATECO è composto da numeri e talvolta lettere, e segue una struttura gerarchica che identifica via via l’attività con maggiore precisione.
Ad esempio:
Codice 62.02.00 – Consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica
Vediamo come si scompone:
Ogni livello di dettaglio serve a delimitare con precisione il tipo di attività.
Dal 1° aprile 2025 è entrata in vigore la nuova classificazione dei codici ATECO 2025, che ha aggiornato automaticamente i codici delle imprese già esistenti.
Molti pensano che il codice ATECO serva solo “per aprire la partita IVA”. In realtà, da esso dipendono numerosi aspetti fiscali, contributivi e legali.
Il codice ATECO incide su:
Per l’INPS, il codice identifica la gestione di appartenenza:
Una scelta errata può comportare iscrizione a una gestione sbagliata, con obblighi contributivi non dovuti o, peggio, omissioni sanzionabili.
Il codice ATECO viene utilizzato anche:
Molte agevolazioni, infatti, sono destinate a categorie specifiche individuate proprio tramite codici ATECO (ad esempio, i codici ammessi al bonus “Transizione 5.0” o ai contributi per turismo e cultura).
La scelta del codice ATECO deve essere ponderata.
Ecco i passaggi da seguire, spiegati con metodo professionale ma semplice.
Prima di tutto, definisci che cosa farai realmente:
Queste domande sono fondamentali perché la classificazione ATECO dipende dall’attività prevalente.
Nel caso di attività miste (es. vendita online e consulenza), sarà necessario indicare un codice principale e, se del caso, uno o più codici secondari.
L’elenco completo è disponibile sul sito ISTAT (https://www.istat.it/it/archivio/17888).
È importante leggere non solo la descrizione breve ma anche la nota esplicativa, che chiarisce attività incluse ed escluse.
Esempio:
Il codice 62.10.00 – Attività di programmazione informatica che ora rappresenta la principale classificazione per attività come lo sviluppo di software personalizzato, la realizzazione di applicazioni e la programmazione.
Se prevedi di aprire in regime forfettario, il codice ATECO determina il coefficiente di redditività (da 40 % a 86 %).
Esempio:
Scegliere un codice non coerente con la reale attività può comportare accertamenti fiscali o incompatibilità con il regime forfettario.
Verifica in quale gestione contributiva rientra il codice scelto.
Ad esempio:
Ogni gestione comporta contributi minimi o percentuali differenti, per cui una scelta sbagliata può incidere fortemente sui costi.
Molte attività moderne sono ibride: un grafico freelance può vendere servizi (design) e prodotti digitali (template).
In questi casi si può:
La prevalenza viene comunicata in sede di dichiarazione d’inizio attività.
Infine, la scelta del codice ATECO è un passaggio strategico che merita il supporto di un commercialista.
Un professionista valuta:
Molti optano per codici ampi pensando di essere coperti per qualsiasi attività. In realtà, un codice troppo generico può generare incompatibilità con regimi fiscali o agevolazioni specifiche.
Ogni attività ha peculiarità proprie. Copiare un codice altrui può portare a un’inquadratura non corretta. È sempre necessario verificare la descrizione ufficiale.
Se l’attività evolve (es. un consulente che apre anche un e-commerce), è necessario aggiornare il codice ATECO comunicandolo all’Agenzia delle Entrate.
Non farlo può comportare sanzioni o esclusioni da benefici.
Un codice ATECO può spostare l’attività da Gestione Separata a Commercianti, con contributi fissi anche se il reddito è basso.
Un’analisi preventiva evita costi imprevisti.
Può capitare di dover aggiungere o cambiare un codice ATECO nel tempo.
Le situazioni tipiche sono:
La variazione va comunicata tramite ComUnica Impresa, che aggiorna contemporaneamente:
È buona prassi avvisare anche il consulente fiscale per verificare l’impatto su bilanci e regimi.
Sì. È possibile avere un codice principale (attività prevalente) e uno o più secondari.
Nella dichiarazione dei redditi si farà riferimento a quello prevalente.
Sì. Si effettua una variazione (non una chiusura), comunicata all’Agenzia delle Entrate o tramite ComUnica.
Rischi fiscali, contributivi e di esclusione da bonus o agevolazioni.
Se te ne accorgi, puoi correggerlo senza sanzioni se agisci tempestivamente.
Sul sito ufficiale ISTAT o direttamente nel portale Agenzia delle Entrate in fase di apertura partita IVA.
Sì, alcuni codici comportano obbligo assicurativo per rischio professionale, altri no. Verifica sempre con il consulente.
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