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07 Nov
07Nov

Negli ultimi anni, il mercato degli affitti brevi ha vissuto una crescita esponenziale in tutta Italia. Da Milano a Roma, dalle località balneari alle città d’arte, sempre più proprietari mettono a reddito i propri immobili tramite piattaforme come Airbnb, Booking o Vrbo.
Questa formula consente guadagni interessanti e una gestione flessibile, ma porta con sé un interrogativo fondamentale:


Quando gli affitti brevi richiedono l’apertura della partita IVA?

La risposta non è sempre immediata, perché dipende da come l’attività è gestita: occasionalmente, come semplice privato, oppure in modo continuativo e organizzato, quindi con carattere imprenditoriale.
In questa guida analizziamo nel dettaglio tutti i casi, le soglie, le regole fiscali e gli adempimenti da conoscere per non incorrere in errori o sanzioni.

Il boom degli affitti brevi in Italia

Il fenomeno degli affitti brevi ha rivoluzionato il settore immobiliare. Secondo i dati ISTAT e Federalberghi, oltre 600.000 abitazioni in Italia vengono oggi affittate per periodi inferiori a 30 giorni, e il trend continua a crescere.

La formula è vincente perché consente di:

  • Ottenere rendimenti più alti rispetto all’affitto tradizionale;
  • Gestire l’immobile in autonomia;
  • Alternare uso personale e locazione;
  • Diversificare gli investimenti immobiliari.

Tuttavia, con l’aumento dell’offerta e la professionalizzazione del settore, lo Stato ha introdotto regole precise per distinguere tra locazione privata e attività imprenditoriale, soprattutto per fini fiscali.

Cosa si intende per “affitto breve”

La definizione ufficiale di locazione breve è contenuta nell’art. 4 del D.L. n. 50/2017.

Si tratta di contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.Sono inclusi anche i contratti che comprendono la fornitura di biancheria e pulizia dei locali, purché limitati al soggiorno e non configurino servizi alberghieri.

Sono invece escluse le locazioni di durata superiore ai 30 giorni e le attività ricettive (B&B, case vacanza, affittacamere), che seguono normative differenti e richiedono obbligatoriamente la partita IVA.

Quando NON serve la partita IVA

Molti proprietari possono gestire gli affitti brevi senza aprire una partita IVA, a condizione che l’attività rimanga non imprenditoriale.

Ecco i requisiti principali stabiliti dall’Agenzia delle Entrate e confermati da diverse circolari interpretative:

Attività non organizzata

La gestione deve essere occasionale, senza struttura aziendale, dipendenti o organizzazione di mezzi e risorse.

Numero limitato di immobili

In generale, fino a 4 unità immobiliari locate con contratti brevi rientrano nel regime “privato”.

Oltre questa soglia, l’attività viene considerata imprenditoriale (art. 2082 Codice Civile).

Assenza di servizi alberghieri

Non devono essere offerti servizi tipici di hotel o B&B:

  • Colazione o pasti;
  • Reception o accoglienza continua;
  • Pulizie e cambio biancheria giornalieri;
  • Servizi aggiuntivi (transfer, tour, noleggio bici, ecc.).

Durata dei contratti

I contratti non devono superare i 30 giorni consecutivi con lo stesso inquilino.

Tassazione con cedolare secca

I redditi derivanti da affitti brevi non imprenditoriali possono essere tassati con la cedolare secca:

  • 21% per il primo immobile;
  • 26% dal secondo al quarto immobile (dal 2025 in poi, Legge di Bilancio 2024).

Esempio pratico

Mario possiede due appartamenti a Roma. Li affitta su Airbnb per pochi mesi all’anno, senza offrire servizi extra, occupandosi personalmente di prenotazioni e pulizie tra un soggiorno e l’altro.

In questo caso, l’attività di Mario è non imprenditoriale: non deve aprire partita IVA e può applicare la cedolare secca.


Quando è obbligatoria la partita IVA

L’apertura della partita IVA diventa obbligatoria quando l’attività di locazione assume caratteristiche imprenditoriali.

Secondo la normativa fiscale e la giurisprudenza (Cassazione e Agenzia delle Entrate), ciò avviene quando l’attività è abituale, organizzata e con finalità di lucro.Ecco i principali indicatori che fanno scattare l’obbligo:

1. Numero di immobili superiore a quattro

Chi gestisce più di 4 immobili con contratti di affitto breve è considerato imprenditore ai fini fiscali.

2. Servizi aggiuntivi

Se vengono forniti servizi extra tipici del settore turistico – come colazioni, pulizie quotidiane, reception o assistenza continuativa – l’attività diventa assimilabile a una struttura ricettiva.

3. Gestione continuativa e organizzata

Pubblicità, sito web, personale o collaboratori, gestione sistematica delle prenotazioni sono elementi che configurano una gestione d’impresa.

4. Codice ATECO

Chi apre partita IVA per affitti brevi deve scegliere il codice corretto, in genere:

  • 55.20.51 – Affittacamere per brevi soggiorni;
  • 55.90.20 – Alloggi per vacanze e altre strutture per brevi soggiorni.

Regimi fiscali possibili

Una volta aperta la partita IVA, si può scegliere tra due regimi principali:

  • Regime forfettario (fatturato fino a 85.000 euro): imposta sostitutiva del 15% (5% per nuove attività) e contabilità semplificata.
  • Regime ordinario: tassazione IRPEF progressiva, IVA e contabilità completa.

Apertura partita IVA: iter e adempimenti

Aprire una partita IVA per la gestione di affitti brevi non è complesso, ma richiede alcuni passaggi precisi:

  1. Comunicazione di inizio attività all’Agenzia delle Entrate con scelta del codice ATECO.
  2. Iscrizione alla Camera di Commercio come impresa individuale o società.
  3. Iscrizione INPS (gestione commercianti).
  4. Presentazione della SCIA al Comune, se l’attività rientra tra quelle ricettive.
  5. Apertura PEC e registrazione SUAP.

Una volta avviata l’attività, bisogna:

  • Tenere la contabilità (forfettaria o ordinaria).
  • Emettere fatture elettroniche.
  • Versare IVA, imposte e contributi secondo le scadenze previste.

Le novità 2024–2025: cedolare secca e direttiva VIDA

Aliquote cedolare secca

Dal 2025, la Legge di Bilancio 2024 ha modificato l’aliquota della cedolare secca sugli affitti brevi:

  • 21% per il primo immobile;
  • 26% dal secondo al quarto.
    Superata la soglia dei quattro immobili, l’attività diventa automaticamente imprenditoriale.

Direttiva europea “VIDA” (VAT in the Digital Age)

La nuova direttiva europea, in fase di recepimento, prevede una maggiore trasparenza fiscale per le piattaforme digitali.

Ciò significa che portali come Airbnb e Booking dovranno comunicare i dati delle transazioni ai singoli Paesi, e in alcuni casi potranno applicare direttamente l’IVA sulle prenotazioni.Questo potrebbe introdurre nuove regole anche per i privati che operano tramite piattaforme, rendendo ancora più importante una corretta gestione fiscale.


Adempimenti locali: SCIA, CIN e imposta di soggiorno

Oltre alla normativa nazionale, ogni Regione e Comune può introdurre regole aggiuntive per gli affitti brevi.

SCIA – Segnalazione Certificata di Inizio Attività

In molte regioni (es. Lombardia, Toscana, Lazio) è obbligatoria anche per i privati che gestiscono locazioni turistiche.

Serve a comunicare formalmente l’avvio dell’attività al Comune.

CIN – Codice Identificativo Nazionale

È un codice univoco da esporre su ogni annuncio online.

Dal 2025 sarà obbligatorio in tutta Italia per contrastare l’abusivismo e monitorare l’offerta turistica.

Imposta di soggiorno

Va riscossa dagli ospiti e riversata al Comune secondo le tariffe locali. Anche i privati sono tenuti a rispettare l’obbligo di rendicontazione periodica.

Errori comuni da evitare

Gestire affitti brevi senza conoscere le regole può comportare sanzioni fiscali o amministrative. Ecco gli errori più frequenti:

  1. Gestire più di 4 immobili come privati: oltre questa soglia, l’attività è d’impresa.
  2. Offrire servizi alberghieri senza partita IVA: anche un semplice servizio di colazione può cambiare la natura dell’attività.
  3. Non registrare gli ospiti alla Questura tramite il portale Alloggiati Web.
  4. Non riscuotere o non versare l’imposta di soggiorno.
  5. Sottovalutare la tracciabilità dei pagamenti online: le piattaforme trasmettono i dati all’Agenzia delle Entrate.

Conviene aprire la partita IVA? Analisi costi-benefici

La convenienza dipende da diversi fattori: numero di immobili, reddito annuo e servizi offerti.

Ecco una panoramica comparativa:

AspettoGestione privataGestione con partita IVA
Numero immobiliFino a 4Oltre 4
Servizi offertiSolo pulizie iniziali/finaliServizi turistici aggiuntivi
TassazioneCedolare secca 21–26%Regime forfettario (15% o 5%) o ordinario
IVANon applicabileApplicabile in caso di servizi
Contributi INPSNessunoObbligatori
ContabilitàSempliceFatture e registri
AdempimentiLimitatiSCIA, CCIAA, IVA


In molti casi, aprire la partita IVA conviene se si gestiscono più immobili o se si vogliono offrire servizi aggiuntivi.

Il regime forfettario rappresenta oggi la soluzione più semplice e conveniente per chi vuole professionalizzare la propria attività con imposta ridotta e burocrazia minima.


In sintesi:

  • Se gestisci uno o pochi immobili, senza servizi aggiuntivi e in modo occasionale, puoi operare come privato e applicare la cedolare secca.
  • Se invece l’attività è continuativa, con più di quattro immobili o servizi accessori, è obbligatorio aprire la partita IVA.
  • Con l’evoluzione normativa (direttiva VIDA e codice CIN), il controllo fiscale sarà sempre più preciso.

Affrontare il tema con leggerezza può comportare sanzioni e problemi con l’Agenzia delle Entrate. Per questo è fondamentale affidarsi a un consulente fiscale o a uno studio specializzato in affitti brevi, capace di analizzare la tua situazione e indicare la strategia più efficiente.

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